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TIR: il film di Alberto Fasulo che racconta i camionisti

Al suo secondo film Alberto Fasulo si aggiudica il Marc'Aurelio 2013 come miglior film al Festival Internazionale del Film di Roma. "TIR", questo il titolo della pellicola, è un sincero e accorato omaggio al mondo di chi passa la propria vita perennemente on the road, sempre alla guida di un camion per le strade di tutta Europa.

Una pellicola importante, a metà strada tra il documentario e la fiction, che ha richiesto al suo autore 4 anni di preparazione e al protagonista, l'attore croato Branko Zavrsan, un'autentica esperienza come camionista. Un film dove tutto è reale, vero, dove chiunque faccia questo mestiere può riconoscere parte della propria vita.

La vita on the road dei camionisti: una vera Odissea

Al centro del film c'è il viaggio, un continuo andare e venire, uno spostarsi perenne da un luogo ad un altro in giro per tutta Europa. Protagonista di questa moderna odissea è Branko, un ex professore croato che per poter garantire alla propria famiglia un migliore tenore di vita decide di abbandonare la sua professione e diventa camionista. Assunto da una ditta italiana, presumibilmente del Nord Est, Branko è sempre al volante, da solo o in coppia e i suoi contatti con la famiglia, a migliaia di chilometri di distanza, avvengono esclusivamente per telefono. Una storia che è dunque anche fatta di solitudine, di brevi incontri, di cene e pranzi solitari, di imprevisti quasi quotidiani. Di scadenze, di orari, di tabelle di marcia da rispettare costi quel che costi. Una vita dura, fatta di sacrifici, di rinunce, ma anche di libertà: quella di essere in giro, nomade tra i nomadi.

A parte Branko, l'unico attore professionista, gli altri personaggi recitano se stessi e questo non fa che conferire ulteriore spessore a un film che sin dai primi fotogrammi cerca la verità di una situazione, di un percorso esistenziale senza mai cedere a compromessi. L'interpretazione del protagonista è semplicemente perfetta e aderisce in pieno alle esigenze del regista che ha voluto ritrarre uno spaccato il più fedele possibile alla realtà di una professione che pochi, dal di fuori, arrivano a conoscere. Il film non racconta lo stereotipo del camionista, ma l'uomo vero, l'uomo nel suo complesso all'interno del mondo del lavoro.

Niente cliché: la realtà innanzitutto

Per Fasulo sin dall'inizio è stato determinante far sì che il film desse uno spaccato reale della vita degli autotrasportatori. Da qui la scelta di chiedere a Branko di entrare a far parte sul serio di questo mondo: prima prendendo la patente per camion, poi affiancando per un paio di mesi Maki (un camionista di professione che appare anche nel film) e quindi facendosi assumere a tempo determinato presso una ditta di trasporti merci.

Quello che vediamo nel film quindi non è finzione: l'attore Branko Zavrsan non sta intepretando una parte, la sta vivendo. Tutto ciò che fa, i gesti, gli sguardi, le parole che usa sono autentiche prese in diretta di una situazione che seppur sceneggiata in alcuni punti, resta fondamentalmente lo spaccato di una professione colta nel suo farsi. E in questo il film è veramente nuovo, una sfida che che è stata vinta grazie alla collaborazione e partecipazione di tutti i partecipanti.

Tre mesi per strada, registrati quasi come un diario, senza nessun altro contatto che con la troupe (ridotta all'osso) e con gli addetti allo scarico/carico delle diverse aziende con cui Branko lavora. E la fatica si vede: sempre più marcata sul volto del protagonista, alla fine segnato dalla stanchezza.

La grande domanda del film

Alla base della pellicola c'è una grande domanda che in realtà non riguarda solo i camionisti: perché un uomo sceglie di lasciare la propria famiglia, di chiudersi dentro la cabina di un camion per 4 settimane e stare a macinare chilometri su chilometri per consegnare e ritirare merci in mezza Europa? Una questione che per Fasulo diventa un'ottima metafora per raccontare l'uomo moderno. Sempre fuori di se stesso, impossibilitato a vivere nel proprio centro perché costretto a migrare da un lavoro all'altro in una condizione di estrema precarietà. Dove la legge del denaro sembra incontrastabile, dove tutto è dovuto, dato per scontato e dove il rischio di essere rimpiazzati da chi il gioco l'accetta senza fiatare è sempre più alto.

Quanto Branko impersona nella finzione del film è comunque la fotografia di uno stato di fatto. Dall'Est arriva gente con esperienze molto diverse (cuochi, professori, contadini, camerieri) in cerca di uno stipendio migliore e questo per molti camionisti italiani ha rappresentato un problema non certo secondario. L'autotrasportatore italiano è quello infatti che ha sofferto la crisi più grave, perché ha subito comunque l'invasione della manodopera dell'Est con conseguente crollo del valore del lavoro stesso. La trasgressione alle regole, di cui le aziende spesso si fanno complici e che sono comunque documentate nel film, per Fasulo vanno imputate innanzitutto ad un sistema che pone la logica del profitto ad ogni costo come condizione necessaria per la stessa sopravvivenza. E o si gioca o si va a casa. Punto.

Un flim quindi importante, che merita di essere visto, diretto con grande e autentico rispetto. E per chi volesse vederlo in streaming... basta andare qui! Buona visione!

 

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